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Col Nudo

Raggiunto il Passo Valbona, si sale per la cresta erbosa con a sinistra salti rocciosi che ha inizio proprio dal passo. Senza difficoltà si raggiunge la Cima Lastèi 2439 metri dalla quale si scende a sinistra per alcuni metri. Un gradino della cresta viene sceso o sul versante Nord (un paio di metri facili ma espostissimi) o a Sud (per un breve canalino; passaggio più facile ma più lungo). Oltrepassati pochi ma affilati ed espostissimi metri di cresta, con un’ultima salita su ghiaie si perviene in vetta.

Verso il lago di Barcis. A destra la cupola del Crep Nudo.

Difficoltà Escursionisti Esperti, ore 1 dal Passo di Valbona.

Panorama sulla selvaggia Val Vajont. Al centro il Monte Cornetto e dietro Lodina e Monfalconi.

 

 

Passo di Valbona

Un’interessante escursione per chi ama i sentieri CAI poco battuti è sicuramente quella che porta al Passo di Valbona, valico posto lungo la catena Col Nudo – Cavallo che collega la Val Chialedina in Friuli Venezia Giulia con il Venál di Montanès in Veneto.

Da Casera Gravuzza si prosegue la salita nella Val Chialedina prima in bosco e poi lungo la cresta di una morena con a sinistra depositi di neve perenne alla base delle ripide pareti del Monte Teverone.

A quota circa 1400 il sentiero piega destra e, lasciata la valle che termina qualche centinaio di metri più in alto (Landre Scur), risale ripidamente il fianco destro della valle fra pini mughi e faggi. Attraversato un prato alla base di pareti, si supera una fascia rocciosa salendo per gradini scavati nella roccia.

 

Si giunge così in una grotta (ricovero per 5-6 persone; Madonnina) e si prosegue superando un canalino facilitati da un cavo metallico. Poco sopra si esce su un piano inclinato erboso e roccioso che sale verso il passo; lo si risale tenendosi a sinistra di caratteristiche placche scanalate e per terreno in parte erboso ed in parte ghiaioso si perviene al Passo Valbona; fin qui ore 3.30.

Giunti fin qui si può salire alla vetta del Col Nudo oppure proseguire verso valle a raggiungere Montanés o il Rifugio Carota.

Si scende ora nel versante opposto nell’ampio catino alto del Venal di Montanés e ci si dirige (sempre segnavia Cai 965) verso il caratteristico torrioncino isolato (Col de Piero) che divide in due la valle.

Si prosegue la discesa tenendosi a destra del Col de Piero e seguendo il segnavia per tracce sempre più evidenti, si giunge alla Casera Scalet Bassa. Per carrareccia in breve si scende ad incontrare la strada che, se percorsa verso sinistra oltre il fondovalle, porta in circa tre chilometri a Montanés, mentre se viene seguita verso destra raggiunge pure in circa tre chilometri la “Strada dei Rifugi”, poco a monte del Rifugio Carota, sopra Pieve d’Alpago.

 

 

 

 

Da Cadola al Dolada

L’alta via numero 7 dolomiti delle prealpi bellunesi e dell’Alpago (altresì detta “sulle orme del Patéra”) è probabilmente la più sconosciuta e snobbata tra le alte vie delle Dolomiti. Probabilmente per vari motivi, in primis il fatto che non si svolga sulle vere e proprie Dolomiti, bensì nel gruppo calcareo del ColNudo-Cavallo, oppure perché tra tutte le alte vie è quella che di più si svolge in ambiente selvaggio su esposte ed affilate creste. Non da ultimo, in tutto il percorso che richiede almeno 4 pernottamenti, ci sono solo 2 rifugi gestiti e 1 bivacco!

L’alta via parte da Cadola, frazione di Ponte nelle Alpi e arriva a Tambre con un percorso che si mantiene tra i 1900 e 2400 metri di quota ed affrontando creste a volte affilate e passaggi alpinistici impegnativi per l’escursionista.

Dalla frazione di Soccher ai piedi dell’Alpago si prende la strada per il Sentiero dei Fortini incontrando poco dopo le indicazioni “Alta Via 7 – Bivacco Scalon”. Seguendo le indicazioni si svolta su un sentiero che risale il bosco dapprima con pendenza piacevole e costante per poi divenire più ripido e su terreno un po’ malagevole.

Più in alto si risalgono a zig zag dei ghiaioni con fondo sconnesso, dove gli sconvolgimenti dati dai violenti fenomeni meteorologici degli ultimi anni appaiono evidenti. Faticosamente si rientra nel bosco sotto delle paretine nei pressi del bivio con il sentiero che giunge dal Rifugio Carota e si prosegue in salita pervenendo subito dopo ad una breve cengia attrezzata con la quale si aggira il costone incontrando dall’altra parte il Bivacco Scalon (fin qui ore 2.00).

Il Bivacco si presenta spartano ed essenziale (una branda) ma comunque utile in caso di necessità o si voglia programmare qui una prima tappa.

Si prosegue con l’Alta Via prendendo il sentiero subito sopra il bivacco che si innalza tra erbe alte a risalire il vallone alla base della cresta di Soccher, sempre ripido ma di suggestiva bellezza. Accompagnati dalle pareti alla nostra destra via via sempre più imponenti, si giunge nei pressi della dorsale che sale dalla Val del Piave, ma prima di arrivarvi incontriamo un interessante antro denominato “Buson” anch’esso suggestivo e dall’interno del quale osserviamo un particolare scorcio della Valbelluna. Anche qui scorgiamo resti di bivacco e presenza di frequentazione umana in tempi recenti.

Guadagnata la cresta si prosegue per la stessa su verdi praterie con caotici accumuli di massi e alcuni tratti di roccia madre affiorante. Continuando a guadagnare quota, si passa una forcelletta esposta andando a guadagnare il corpo principale del monte e per facile pendio erboso si giunge in vetta al Monte Dolada (ore 4 dalla partenza).

Il panorama spazia a 360 gradi dal mare alle Dolomiti e su tutto il percorso dell’Alta Via in cresta al Col Nudo-Cavallo.

Dalla vetta si prosegue per cresta larga ed agevole ma esposta sulla Val Galina con un baratro di 1000 metri sul fondo del quale ammiriamo la lucentezza dell’omonimo lago.

Oltrepassato un ripetitore il sentiero si abbassa in versante Alpago e guadagna una forcellina dalla quale ci si affaccia sulla conca del Rifugio Dolada. Il sentiero prosegue abbassandosi lungo un costone prativo che si immerge nel bosco. Giunti in quota del rifugio si traversa ed in breve si giunge allo spiazzo di lancio dei parapendii in prossimità del rifugio Dolomieu al Dolada (1 ora dalla vetta del Dolada).

 

 

Isla Sorna

“Non sono un naturalista, a me piacciono le attrezzature tecnologiche, comunicazioni sofisticate via satellite, sistemi di sicurezza all’avanguardia, e altri aggeggi minutamente piccoli ed efficienti che mi hanno chiesto, in questo caso, di montare su attrezzature da campeggio che sembrano più pensate per una missione di guerra che per una scampagnata in una tranquilla isola del Pacifico.
Hammond aveva parlato di un reportage naturalistico per portare davanti agli occhi dell’opinione pubblica la conservazione della fauna su quell’isola, ma quando ho visto il risultato del nostro lavoro sono rimasto sbigottito. Mi chiedo cosa ci potrà mai essere laggiù da richiedere sbarre in lega al titanio da tre centimetri di diametro ai finestrini e un’infermeria completa di lettino per interventi chirurgici se l’isola è disabitata e non abbiamo un medico con noi.
Forse Hammond si aspetta che incontriamo qualcuno con interessi sull’isola e che tenti di intimidirci. Narcotrafficanti? No, se dovesse scacciare qualcuno dalla sua isola utilizzerebbe mezzi più appropriati, non chiamerebbe di certo fotografi e naturalisti per fare questo… Certo è che comunque oltre ai sistemi di difesa abbiamo anche qualche arma, si, certo, non da fuoco, fucili per iniettare narcotico, però le dosi che abbiamo possono addormentare un elefante per un mese, non mi risulta che ci siano elefanti al largo della Costarica… E allora cosa ci sarà laggiù, grossi predatori? Tigri? Leoni? Orsi?
No, sarà solo un eccesso di prudenza da parte del vecchio, ho sentito che anni fa ha avuto alcune cause legali che sono state una spina nel fianco –Non per i soldi- diceva lui (e gli credo, con tutta quella fortuna che si ritrova!) bensì perché gli rallentavano i lavori per realizzare il suo parco! Già, quel parco che non è mai stato aperto, e che andremo a visitare dopo dieci anni. Ecco, ho capito! Il parco! Era tipo un parco safari, probabilmente avevano già liberato gli animali compresi leoni e tigri e noi andiamo lì per filmare, dice lui, il perfetto ecosistema che si è creato. Quindi questi animali sono il pericolo! E vedrai che ci sarà anche l’elefante! Allora sì che si giustifica tutta quell’attrezzatura! Adesso ho capito e sono più tranquillo, cosa vuoi che sia, ho campeggiato con molto meno nella savana come nella giungla e al Polo Nord. Attrezzati come siamo non corriamo alcun rischio!”.

Al Lago di Val Galina

Dal Rifugio Casera Ditta si segue il sentiero CAI 905 per pochi minuti; giunti sul greto del Torrente Mezáz, lo si attraversa e si sale per sentiero in bosco sul versante sinistro idrografico della valle. Seguendo il segnavia 906, si sale fino ad incontrare il bel sentiero che, staccandosi dal sentiero di accesso al Rifugio “Casera Ditta”, risale diagonalmente tenendosi sempre sulla sinistra idrografica della valle. Si segue ora questo evidente sentiero verso sinistra fino a raggiungere la forcella dove si trova un misero ricovero; fin qui ore 1.15.

Attraversata l’erbosa insellatura, si scende verso destra (individuare il segnavia) e si raggiunge la radura del Col delle Sterpe 1260 m; ora il sentiero scende lungo la ripida costa che contiene, ad Est, la Val Calastra.

Giunti ad un bivio (tabella), si va a destra, si attraversa lo scosceso vallone della Val Calastra (passaggi esposti su cengette richiedono attenzione) e si prosegue a lungo, alti sulla sponda a Nord del lago.

Oltrepassato il prato con alcuni ruderi e la Casera Pale de Stáol (chiusa,recentemente restaurata), si attraversa il vallone che scende dalla Forcella Agre e quindi si scende fino a raggiungere i ruderi della Casera Verdás; ancora un breve tratto per una bella mulattiera in quota poco sopra il lago e si attraversa la diga raggiungendo, sulla sinistra idrografica della valle, la strada carrozzabile che sale da Sovèrzene.

Difficoltà EE; ore 3.00.

N.B: dal bivio con tabella a monte dell’attraversamento con la Val Calastra, si può anche prendere a sinistra il sentiero con segnavia 967 che, dopo essere sceso per circa 150 metri fino a quota 800 in fondo alla Val de Sopa, risale ripidamente per circa 200 metri e, con un lungo traverso in quota a Sud del lago, raggiunge il Ricovero “Casera del Pian” 1010 metri; ore 2.30 dalla Forca Bassa.

Il ricovero “Casera del Pian” può offrire un confortevole punto d’appoggio grazie alla recente ristrutturazione. Un buon sentiero (segnavia 967) scende dal ricovero ad incontrare una rotabile a quota 850 sulla Costa de Avedin (ore 0.30); per la rotabile si scende ad incontrare la strada della Val Galina circa 1,5 Km a valle della diga.

Difficoltà EE; ore 4.50.

Forcella Candúabo (1608 m)

Dal Rifugio Casera Ditta si segue il sentiero CAI 905 per pochi minuti; giunti sul greto del Torrente Mezáz, lo si attraversa e si sale per sentiero in bosco sul versante sinistro idrografico della valle. Seguendo il segnavia 906, si sale fino ad incontrare il bel sentiero che, staccandosi dal sentiero di accesso al Rifugio “Casera Ditta”, risale diagonalmente tenendosi sempre sulla sinistra idrografica della valle. Si segue ora questo evidente sentiero verso sinistra fino a raggiungere la forcella dove si trova un misero ricovero; fin qui ore 1.15.

Si prosegue praticamente in quota sul versante della Val Galina, si attraversa una zona molto scoscesa e per una valletta boscosa si sale in Forcella Malbárc; fin qui ore 2.00.

Si prosegue ora sul versante della Val Mezáz salendo alla base di landri per un sentiero aperto nel bosco di faggi e di mughi; oltrepassata una dorsale secondaria, si sale fino a raggiungere la stretta Forcella Agre; ore 2.45. Dalla forcella è possibile scendere direttamente nella Val Mezáz per un ripido sentierino che segue un poco pronunciato vallone.

Si segue ora un sentiero che aggira su delle cenge la rocciosa Croda Bianca tenendosi di nuovo sul versante della Val Galina fino a raggiungere l’intaglio della Forcella Candúabo, alla base della Cima Mòra in un ambiente molto selvaggio.

Dalla forcella il sentiero con segnavia 906 prosegue in ripida discesa verso Nord-Est nel vallone del “Gè di Lavéi”; a quota circa 1050 si incontra il sentiero (segnavia 958) che percorre la sinistra orografica della Val Mezáz. Seguendo questo sentiero in discesa verso sinistra, in breve si va ad incontrare il sentiero d’accesso al Rifugio “Casera Ditta” circa 30 minuti a valle del rifugio (ore 1.30 dalla Forcella Candúabo.

Difficoltà EE, ore 3.45.

 

Rifugio Casera Ditta (956 m) in Val di Mezaz

La vecchia casera è stata (recentemente) restaurata e trasformata in accogliente rifugio dal suo proprietario. Quasi sempre aperto con servizio d’alberghetto, il rifugio è dotato di 25 posti letto; telefono 0427 – 87035. Sorge in una radura sulla destra idrografica della selvaggia Val Mezáz, dominata dalle Cime di Pino e dal bastione roccioso del Col Nudo.

Dalla S.S. e il bivio per Casso e la diga, si sale a sinistra per carrozzabile, si oltrepassa la spaventosa frana del Monte Tóc e si risale la valle sulla sinistra idrografica. Presso le prime case di La Pinéda, quasi di fronte ad Erto, si stacca una mulattiera che prende quota ripidamente sulla sinistra idrografica della Val Mezáz.

Quindi la mulattiera si interna nella valle praticamente in quota, attraversa alcune zone franose e raggiunge il fondo valle presso un’ampia spianata ghiaiosa. Attraversatala,  il sentiero sale su prato ed in breve raggiunge il rifugio.

Ore 1.15 da La Pinéda, difficoltà Turistica.

Dal rifugio varie sono le escursioni che si possono fare come ad esempio l’anello per la Forcella Canduabo.

Monte Toc (1921 m)

Dalla Casera Vasei si sale per sentiero in una valletta boscosa fino a raggiungere una selletta con, a sinistra, un caratteristico roccione.

Si risale il vallone tenendosi sulla destra e per buon sentiero si raggiunge la cresta e, poco oltre, dopo una breve contropendenza, la panoramica vetta.

Circa ore 1.00 dalla casera, difficoltà Escursionistica.

Plan di Salenc (1400 m)

Il plan di Salenc è un bellissimo ripano isolato dal mondo in alta Val Provagna deliziato dalla pregevole ed esclusiva visuale in primo piano sulla parete Est del Crep Nudo, nonché, in lontananza, dal Lago di Barcis.

Dai prati superiori, panorama verso il lago di Barcis.

Antico pascolo in abbandono, il ripiano veniva raggiunto dal Bivacco Val Provagna cui era collegato da una mulattiera che ancor oggi stupisce ed emoziona per l’ ottimo stato di conservazione di buona parte del tracciato.

I pascoli di Plan Salenc visti dalla selletta sotto al Crep Nudo.

Dal Bivacco Val Provagna si prosegue per l’ufficiale sentiero CAI 969 stando attenti in basso a sinistra ad un cartello di sentiero dismesso. Imboccato quello, si cammina per bel bosco su traccia larga e comoda a raggiungere in breve una selletta dalla quale si apre un’inaspettata visuale sulla dirimpetta cresta del Monte Formica dove sappiamo avranno fine le incognite e difficoltà che ci aspettano, talmente vicina da sembrare di poter già afferrare la salvezza. Non si rivelerà così.

Il percorso cambia quindi ambiente andando a traversare le pareti su una cengia boscata larga e comoda che si intuisce offre riparo anche ai numerosi ungulati che abitano la valle. Su percorso sempre accattivante si traversa quindi la base dello zoccolo che sorregge il Plan di Salenc, fino ad aggirare il costone.

A questo punto inizia la salita sul costone prativo intervallato a metà da un bosco di faggio. Usciti dal bosco la salita si fa ripida a raggiungere la cresta del costone che si aggira più in alto tra i mughi.

Dopo un breve passaggio su un franamento, ci si immette in una valletta con delle belle fioriture alla sommità della quale si esce sul Plan di Salenc. Al centro del ripiano un masso aggettante è stato sistemato alla meglio con dei muretti, mentre in alto, il Crep Nudo mostra da posizione privilegiata un lato meno arcigno di quello cui siamo abituati.

Il sentiero prosegue dietro al masso attraversando altri lembi di pascolo per poi traversare il rio principale che taglia la valle. A questo punto, il comodo sentiero costruito con finalità economiche di sussistenza cede il passo ad una traccia per lo più di animali o al massimo di cacciatori.

Si prosegue tra boschette, prati e attraversamenti di canali fino a portarsi ad una selletta posta sulla dorsale che scende dal Crep Nudo; al di là si inizia finalmente a scendere su terreno decisamente boscato che traversa innumerevoli canali.

Facendo attenzione a non perdere il segnavia nei pressi di un evidente traccia che prosegue dritta, ci si abbassa qualche metro per terreno ripidissimo e poi si continua in quota la lunga traversata per la Sella di monte Formica che si raggiunge dopo aver sacramentato un altro po’ anche per via di un’antesella posta poco prima della stessa. In sella ci si rilassa ma non troppo, in quanto i segnavia sono di difficile individuazione tra gli alberi posti sul limitare sinistro della pala erbosa da discendere. Entrati nel bosco, anche qui i segnavia si seguono con attenzione rimanendo sempre nello stesso costone fino ad incrociare il sentiero segnavia CAI 980 proveniente dal vicino Bivacco Val Zea.

Difficoltà Escursionisti Esperti, ore 7 da Bivacco Provagna a Bivacco Val Zea, altre 2,30 per eventuale rientro al Ponte di Mezzo Canale lungo la Val Prescudin.

Tempistiche calcolate comprese soste, ma senza perdere zaini e macchine fotografiche.

Bivacco Val Provagna (1123 m)

Un tempo utilizzato come bivacco per i boscaioli, il Bivacco Val Provagna è ora un piccolo edificio abbandonato tra i verdi prati della poco conosciuta Val dei Rosari. Fornito di piccola stufa e tavolo con panche, l’ambiente è fornito di quattro letti a castello (otto posti in totale) sprovvisti di materasso, e si presenta piuttosto spartano agli occhi dell’escursionista.

L’accesso da fondovalle al bivacco inizia nei pressi del Ponte di Mezzo Canale, qualche chilometro oltre l’abitato di Barcis mediante il sentiero CAI 969.

Dal ponte si prosegue un centinaio di metri fino a trovare sulla sinistra l’inizio del sentiero che subito si inerpica ad oltrepassare un colletto, ultima propaggine della dorsale che scende dal monte Castel de Barcis, dove il sentiero si biforca: a sinistra il tracciato che risale il fondovalle lungo il torrente, e a destra vi è la variante alta, ideale nei periodi in cui la portata d’ acqua rende impraticabili i guadi dell’ altro percorso. Noi andiamo a sinistra, tenendo in considerazione la variante per un rientro ad anello in caso di ritirata.

Proseguiamo quindi lungo il percorso basso che poco dopo si affaccia alto sopra il fondo della Val di Provagna, inoltrandosi nella valle su sentiero esposto ma comodo e ben marcato. In breve, nei pressi di una curva, si raggiunge il greto del torrente serrato da alte pareti. La visuale si apre sul Monte Castel di Claut e il percorso oltrepassa varie volte il corso d’acqua impegnando in l’escursionista con alcuni guadi sui sassi.

Giunti alla confluenza con la Val dei Rosari, il percorso abbandona il fondovalle per inerpicarsi ripidamente nel bosco fino ad incontrare la variante alta. Da qui, il sentiero si inoltra verso Nord a lambire una serie di fosse con spettacolari cascate che possiamo ammirare al di sopra e al di sotto del tracciato.

Si monta quindi anche l’ultimo costoncino terminante in una valletta con giovani alberi a sinistra della quale si apre un pascolo sulla cui sommità si trova il nostro bivacco.

Ore 2.30; difficoltà Escursionistica.

Come già anticipato, si può rientrare alla macchina percorrendo a ritroso l’ultima parte del percorso per poi intraprendere il sentiero variante , oppure proseguire per l’attuale segnavia CAI 969 a valicare la Forcella Giaveit per poi raggiungere il Monte Provagna o scendere direttamente in Val Chialedina.

Dal bivacco verso Forcella Tamais.

Molto più avventuroso seguire invece il tracciato dell’ex CAI 969 che si inoltrandosi per l’alta Val Provagna passa sotto il Crep Nudo e scavalca la Sella di Monte Formica a raggiungere il Bivacco Val Zea in Val Prescudin. Per saperne di più su questo misterioso tracciato CLICCA QUI.