Claupa di Andreuzzi

Dopo lo scioglimento della Banda di Navarons, il capo degli insorti garibaldini Antonio Andreuzzi dovette rifugiarsi in un nascondiglio in attesa di un’ occasione per sfuggire agli austriaci riparando nel Regno d’ Italia. Tale nascondiglio non poteva che essergli offerto dalla morfologia aspra e labirintica delle “rupi del Dodismala” nella catena del monte Cuerda. Tale rifugio é una cavitá naturale che porta oggi il nome di Claupa di Andreuzzi. Per visitarla si deve percorrere il sentiero CAI 393a reperibile dalla localitá di Inglagna, o piú brevemente dal tratto di strada compreso tra le due gallerie di servizio al lago del Ciul ove é posta una lapide commemorativa dedicata ad Andreuzzi.

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Da qui si sale in direzione della forcella Dodismala incontrando quasi subito i resti della stalla da la Fusita.

Stalla da la Fusita

Stalla da la Fusita.

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Passato il greto asciutto del Rug da la Fusita, poco oltre si stacca una traccia verso sinistra che porta ad infilarsi nel canale che scende dalla forcella da la Fusita; quando tale traccia svolta a destra in prossimitá di un masso, la si abbandona per traversare un franamento e portarsi su una costa boscata da risalire su sentiero di camosci. Giunti alla sommitá del costone si apre la vista sull’ ambiente in cui é situata la Claupa.

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Da qui un esile sentiero ci porta ad attraversare su cengioni prativi con alcuni punti esposti un profondo canale per poi risalire ad aggirare un costone su cui sventola la bandiera italiana. Sopra di essa si erge la torre Andreuzzi su cui é stata tracciata la via Obbedisco.

Monte Buttignan

Monte Buttignan.

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Il trittico Cuel da la Luna, Pizzo Lóvet, Mosean.

Il trittico Cuel da la Luna, Pizzo Lóvet, Mosean.

La Torre Andreuzzi

La Torre Andreuzzi.

Oltrepassato il costone ci appare la banconata rocciosa in cui é ubicata la Claupa di Andreuzzi segnalata anche da una targa in legno scolpita dall’ artista Giuliano Sessolo. In un punto vi é una stretta rientranza detta “il bus”, in cui un uomo puó entrare disteso e ripararsi dalle intemperie.

La targa dell' artista Giuliano Sessolo

La targa dell’ artista Giuliano Sessolo.

Il bus

Il bus.

Mi domando se in quella situazione disperata l’ Andreuzzi abbia mai avuto l’ ardire di uscire allo scoperto per godersi il panorama sulla val Inglagna.

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Per saperne di piú sulla storia dei moti friulani e su come ripercorrerne le tracce, clicca qui.

Un pensiero su “Claupa di Andreuzzi

  1. Giorgio Madinelli

    Nel 2005 inaugurammo il sentiero storico Claupa di Andreuzzi in località Spinespes tra le Rupi del Dodismala. Seguiva ad un lungo elenco di iniziative che avevo promosso a seguito delle mie ricerche sull’argomento dei Moti del 1864 che avevo pubblicato in un volume.
    Ebbi contributi e collaborazione attiva dal Comune di Tramonti di Sopra, dalla Società Operaia Dodismala, dall’Associazione Mazziniani sezione friulana, dalla sottosezione CAI di Tramonti, dal gruppo Amici della Montagna di S. Giovanni di Casarsa, e il simpatico appoggio da parte della Provincia di Pordenone, del Parco Dolomiti Friulane, dell’Ecomuseo Lis Aganis e del Corpo Forestale Regionale.
    L’intenzione era di far diventare l’itinerario un punto di interesse della vallata per i contenuti storici e sociali.
    Le premesse, ora a distanza di undici anni, le vedo completamente disattese.
    Salvo la recensione dell’itinerario in due guide, una del Comune di Tramonti di Sopra, l’altra della Comunità Montana, e questa qui che hai appena letto presente in rete, non ci sono state altre promozioni, né dal lato propositivo nei confronti di gruppi escursionistici, né dal lato della semplice pubblicità.
    Certo che per rendere più fruibile il sentiero era necessaria un’opera infrastrutturale, certamente onerosa, opera che nessuno degli attori su menzionati, sebbene lo avesse promesso, si è mai preso la briga di programmare.
    Riscontrando che, altrove nella vallata si sono spesi fondi e spinto per far entrare nel catasto sentieri del CAI altri percorsi di uguale interesse e bellezza, giungo alla conclusione che mi manchi un santo in paradiso, come è usuale avvalersene in questa nostra trasandata Italia.
    Ricordo con amarezza ciò che mi disse Ruggero Petris mentre si lavorava di piccone lassù:
    “Se in Svizzera avessero un sentiero come questo, farebbero pagare l’ingresso!”
    Da tre anni ormai non sale più nessuno e la traccia di calpestio sta scomparendo.
    Il tempo è passato invano e in undici anni nessuno ha mosso un dito, per cui ritengo che dare altro tempo per un ripensamento sia superfluo.
    Dunque ho deciso che toglierò le scarne infrastrutture che identificano il sentiero, ridandogli quella selvatichezza che aveva prima, con buona pace di Andreuzzi, e di tutti quelli che credono che il futuro di una comunità risieda nella propria memoria.

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