Diagonale Ortodromica di Meduna

I desolati e misteriosi Canali di Meduna sono come uno scrigno chiuso, contenente segreti che offrono all’ escursionista amante dell’ esplorazione emozioni sempre nuove.

Abbiamo potuto assaporare il gusto di un trekking di due giorni isolati da tutto e da tutti, fieri di sfruttare passaggi la cui esistenza è conosciuta da pochi viventi, attraversando paesaggi grandiosi e incontaminati.

Dosaip e la Costa di Pu. In basso la Cengla dal Giracul.

L’ ispirazione di questo viaggio è stata data da un fatto accaduto negli anni ‘20 del secolo scorso, ovvero l’ avventura di Egidio Feruglio e Lodovico di Caporiacco, due ricercatori che in un tour di esplorazione a scopo scientifico nelle Prealpi Carniche, furono costretti ad un bivacco improvvisato causa smarrimento del sentiero proprio quando arrivarono in Val Meduna. Per sapere meglio i particolari clicca qui.

Il nostro viaggio inizia da Casera Podestine, dalla quale si sale facilmente alla Casera Caserata nei pressi dell’ omonima forcella. Dalla Forcella si prosegue in quota a raggiungere la Forcella Palasimon dalla quale si cala lungamente a raggiungere il Clapòn dal Vuàr, leggendario ricovero delle greggi ormai in abbandono.

Dal Clapòn dal Vuàr si incomincia a risalire l’ omonimo canale sul fondo dello stesso. Oltrepassato l’ attacco della Via Bepino, si giunge al Clapòn di Leandrina, ultimo riparo utile fino a Casera Charpin.

Ci si incanala quindi tra il boscato costone che sale in Pierasfezza a destra, e le severe e strapiombanti pareti della Cima Ettore a sinistra. Oltrepassata una particolare conformazione rocciosa alla quale gli scienziati di Sentieri Natura non sanno dare spiegazione, si monta finalmente sul costone di destra dove il bosco ha lasciato il posto ai ripidi prati. Risalito il costone, non resta che volgere a destra, traversando i prati in direzione della ben visibile Forcella Pierasfezza (bellissima visuale dirimpetto al Cenglòn).

Tralasciata la salita alla soprastante Cima Leadicia, il percorso prosegue scendendo in versante Canal Grande di Meduna per i prati fino ad entrare nel bosco a destra. Qui, per tracce che vanno e vengono e qualche sparuto ortopedico ometto si raggiunge dapprima i ruderi di Casera Ropa, e poi il fondovalle collegandosi all’ ex sentiero 393 che in breve porta al Clapòn del Lìmet e poi in Casera Charpin.

Fin qui ore 9.00 su difficoltà mai superiori a EE.

Per il secondo giorno si è proseguito per un leggendario percorso di cui si erano perse le tracce: la Fous de Nearda.

Dal Clapòn dal Lìmet si risale il costone che diventa poi esile cresta boscata a picco sulla Fous de Nearda. Lungo la cresta si capisce il perché del toponimo “Fous” (fossa) e dei detti popolari riguardanti la ripidità del luogo (per saperne di più clicca qui)

In breve la cresta si congiunge con il corpo del soprastante Cimon d’ Agar intercettando una cengia che contorna il monte permettendo di entrare nel canalone sopra il vertiginoso salto della cascata.

Da qui si risale a lungo il divertente canalone fino ad arrivare un centinaio di metri sotto alla Forca de Nearda; per giungervi si deve affrontare un ripidissimo prato che spreme le ultime forze fisiche e psichiche.

Canal Grande di Meduna.

Giunti in forca, gli escursionisti tornano a decidere della propria vita in un contesto quasi scioccante: non solo per il passaggio dalla verticalità della Fous agli orizzontali prati della Carnia, ma anche l’ isolamento viene spazzato via da strade, piste da Motoquad, macchine parcheggiate ovunque, tende, gente che canta e balla scalza per i sentieri, Carabinieri, santoni…

Foto di DolomitiDxTagliamento, Gongo Madinelli, Antonio Armellini.

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