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Monte Corda (1463 m) per Cresta Est

Una delle più belle cime della Val Silisia, il Monte Corda si lascia salire sia  da Sud che da Nord per vari percorsi di grande respiro adatti agli amanti del genere fuori sentiero. La via Normale l’abbiamo già descritto in QUESTO ARTICOLO, ma per gli amanti delle creste e dei percorsi poco frequentati proponiamo questa variante che offre grande possibilità di avventura; visto che questo percorso come dice Pietro è roba per “salvadi” (e dice che anch’io sono un salvadi), mi limiterò ad indicare poche scarne informazioni, tanto è un percorso facile, caratterizzato da Cartelli, senza possibilità di errore. Chi anela a certi percorsi poi, si sa, è abile nell’arte dell’arrangiarsi (RR).

Da Inglagna si prende il sentiero CAI 393a diretto alla Forcella Dodismala. Ad un certo punti si abbandona il sentiero 393a per seguire il sentiero che porta alla Claupa di Andreuzzi che si abbandona a sua volta per salire alla Forcella della Fusita (cartello); se non vi siete persi e arrivate in Fusita è quasi fatta!

Dalla Fusita la cresta volge verso Est a raggiungere il Monte Ropa; si prosegue dall’altra parte passando a Nord della torre Andreuzzi e via via salendo di quota in quota fino alla vetta principale.

Per il rientro volendo si può deviare per Stalle Lastreiz.

 

 

 

Stalle Lastreiz (1018 m)

Ridotte a cumuli di macerie, i resti delle Stalle Lastreiz si trovano su un dosso lungo il versante Nord del Monte Corda, in bella posizione panoramica sul lago del Ciul.

Anticamente dette stalle erano di proprietà di alcune famiglie di Inglagna, e per raggiungerle vi erano addirittura due sentieri: il “Troi dai Omps” (Sentiero degli Uomini) e il “Troi da lis Vacis” (Sentiero delle Vacche) entrambi reperibili nei pressi di Forcella Dodismala.

Il Troi dai Omps era, come dice il nome, il sentiero che utilizzavano gli uomini per andare e venire alle stalle e quindi si presentava più rapido, stretto ed esposto; senza perdite di quota porta dalla Forcella Dodismala alle stalle di sopra (1018 m).

Il Troi da lis Vacis era invece più “turistico” in quanto più largo e meno esposto, adatto al passaggio delle bestie; con un tracciato meno diretto e con alcune perdite di quota questo sentiero porta alle stalle di sotto (973 m).

Visto che comunque entrambi i sentieri richiedono attenzione, la comunità ha posizionato una statua di Sant’Antonio in Forcella Dodismala affinchè chi si apprestava a percorrerli potesse affidare la propria anima al santo. Se vuoi saperne di più sul Sant’Antonio in Dodismala CLICCA QUI.

 

 

 

Stalle Cuel da la Luna

La Val Tramontina esiste da millenni, è popolata dall’uomo da secoli, ha avuto valligiani che si sono affermati in tutta Europa con le proprie attività commerciali gestite dentro la valle, ma anche migranti che hanno guadagnato il rispetto dei popoli delle nazioni di tutti i continenti; chi è rimasto in valle ha visto passare guerre, fatti storici, lotte partigiane, insurrezioni garibaldine, crolli di ponti. Eppure, i corregionali friulani, della Val Tramontina conoscono solo due cose: zecche e Pozze Smeraldine (in ordine di notorietà).

Pertanto, in questo articolo vi saranno immagini delle pozze e vi avverto subito che ho anche preso una zecca, così so che ci saranno discussioni in merito e like in abbondanza che ne faranno aumentare la notorietà nei social.

Da Tramonti di Sopra, località Pradiel (accesso consentito solo agli autorizzati e residenti) ci si incammina lungo la strada accompagnati dal segnavia CAI 386. La strada in breve si incunea dentro l’incassato Canal di Meduna dapprima alta sull’alveo e poi, dopo un salto, si avvicina al fiume ed ha termine con una piccola piazzola dove iniziano le famose, celebri, rinomate, pluridecorate Pozze Smeraldine (libro per le firme, serie interminabile di divieti). Qui la strada si immette direttamente dentro le pozze, ma noi invece proseguiamo a destra fedeli al nostro segnavia CAI 386 lungo una mulattiera che presto verrà rinominata “Dolomites Unesco Heritage Panoramic Emerald Pool Trail Road Park”.

La mulattiera oltrepassa il ponte Rusubet e inizia a salire fino ad arrivare ad un centinaio di metri sopra l’alveo del Meduna per poi scendere arrivando ai primi ruderi delle case di Facchinuc e poi al borgo abbandonato di Frasseneit dove si incontra il Bivacco posto nella Vecchia Scuola.

Qui si abbandona il sentiero per scendere al Meduna ed attraversare il fiume con un guado che porta ad un piccolo ripiano con spiaggetta posta sull’altra sponda. Cercando sulle rive si trovano numerose tracce di passaggio che risalgono una pala erbosa colonizzata da radi alberi a cui fa capo una selletta con i resti di una teleferica (cavo e mucchio di sassi).

L’Aquila di Tramonti, vero simbolo della valle.

Dalla sella un sentiero abbastanza marcato prosegue in quota seguendo i corrugamenti della montagna andando ad incanalarsi in una valletta in cui le antiche praterie cedono il passo alla faggeta. In prossimità di un’evidente piazzola di origine antropica il terreno circostante diventa meno ripido ed  in breve entriamo in una pecceta alla fine della quale troviamo i ruderi degli edifici delle Stalle Cuel da la Luna. (ore 2.30 da Pradiel).

Volendo completare l’anello, dalle stalle si può raggiungere la Forca de Pria cercando un vecchio sentiero abbandonato reperibile poco a monte dei ruderi dai quali è necessario oltrepassare un franamento passandolo più in alto. Oltre il franamento il sentiero diventa più una traccia e si mantiene piuttosto labile e incerto ma bolli sbiaditi e qualche ometto ci indicano che siamo sulla strada giusta.

Giunti alla selletta quotata 926 il sentiero si abbassa a toccare il fondo del canale oltre il quale la traccia continua in quota aggirando il costone; dopo un tratto assicurato con cavo la traccia diventa sempre più evidente e marcata fino a giungere alla Forca de Pria.

Da qui, per il rientro si sfrutterà la strada o, per chi conosce, i sentieri tra i boschi sottostanti fino a giungere alla bella località di Pradis; scesi al ponte sul Meduna e ritornati sulla sponda sinistra in prossimità dell’area griglie, poco più avanti si trova il cancello di accesso all’Agriturismo Borgo Titol (attenzione, cane grosso libero e abbaiante) dove ci si immette nel Troi da lis Fornas (CAI 394, da non confondere con il Sentiero Fradeloni) che in breve riporta alla località di Pradiel.

Ore 3.30 dalle Stalle Cuel da la Luna, 6.00 ore totali per tutto l’anello; difficoltà Escursionisti Esperti nel tratto dalle Stalle Cuel da la Luna alla Forca de Pria, Turistico-Escursionistico per il resto del percorso.

Nel caso si volesse dare all’escursione un tono più greppistico, dalla Forca di Pria è possibile salire al Cuel da la Luna lungo uno dei percorsi raccontati a questo link.

Borghi dal Rug dai Ghambars

Come in tutta la Val Tramontina, anche in Val Inglagna vi sono numerose borgate costituite da nuclei di piccole case addossate l’una all’altra o edifici singoli, testimoni di un tempo storico in cui la valle era tutt’altro che selvaggia e abbandonata come la vediamo oggi. Se si vuol fare un bel giro e visitare alcuni di questi luoghi, la valletta del Rug dai Ghambars e l’attiguo Rug Boschit si prestano perfettamente per essere esplorate.

Selvagge balze meridionali di Pizzo Lovet e Cuel da la Luna.

La prima borgata che visitiamo è quella di Clez, sul Rug del Boschit, un bell’insieme di case nate in prossimità delle stalle che furono i primi manufatti con cui l’uomo ha colonizzato la valle.

Poco più in alto troviamo Val, altro nucleo di case questa volta posizionate in linea su un versante assolato dove trovano habitat ideale gli agrifogli. Grazie al fatto di poter essere raggiunti tramite strada, in questi 2 borghi troviamo ancora case in buono stato, utilizzate dai proprietari come casa di villeggiatura animandone la quiete nei fine settimana.

Da Val un sentiero si inerpica sul costone dietro l’ultima casa ad aggirare il Tui e portandosi in una valletta dove una pineta non governata ha inghiottito i manufatti di Chiamerada ormai in rovina.

Proseguendo verso Nord in quota si passa sotto alle pareti del Cuel da la Luna fino a giungere alle case del nucleo più basso di Culeiba congiungendosi al sentiero CAI 986; val la pena di salire fino al nucleo più alto che, sebbene anch’esso inghiottito dal bosco, dà l’idea di trovarsi in una posizione più assolata e panoramica.

Per il sopracitato sentiero CAI si rientra quindi assecondando il rug che scende dalla soprastante Forcella Spessa; oltrepassato questo, si prosegue a mezzacosta alti sopra il Rug dai Ghambars che raggiungiamo in prossimità di Pospalta, altra località posta nei pressi di Forca del Prete e quindi sulla via di collegamento principale tra la Val Silisia e le Ville di Tramonti.

Qui troviamo alcuni edifici ben ristrutturati tra cui una casa pittoresca dedicata ai folletti e creature del bosco. Oltre a queste, ormai in rovina vi è anche la casa costruita dalla famiglia Cassan la quale presenta la facciata con due archi, particolare architettonico questo che ci rivela una certa disponibilità economica da parte della famiglia.

Proseguendo per la strada si giunge in breve alla località Chiampees che come dice il nome, è una fortunata località sorta su piccoli lembi di terra coltivabile dove la presenza di prati umidi permetteva anche un maggior numero di sfalci annuali rispetto agli altri prati.

Da Chiampees si segue la strada a raggiungere la carrozzabile per Inglagna (possibilità di tagliare presso il secondo ponte) e successivamente salire a Clez dove si conclude l’anello.

Chiampees e il poggio dove sorge sul Rug dai Ghambars, visto dalla strada per Clez e Val.

Ore 4.00; difficoltà Escursionistica.

Via Silvano

Innevato il Monte Rest e al centro della foto la cresta su cui si snoda la Via Silvano.

Il Monte Rest è una modesta elevazione che funge un po’ da triplice confine tra Carnia, Prealpi dell’ Arzino e Dolomiti Destra Tagliamento. Montagna familiare agli abitanti di Tramonti di Sopra, dal paese si mostra placidamente con i propri verdi prati che in versante Sud-Ovest contornano la Casera di Monte Rest. Ben più aspre sono le sottostanti pareti che dalla valle dove sale la strada all’ omonimo Passo si stagliano solcate da vie di roccia aperte dai famosi Ragni del Masarach. Verso Sud Est invece abbiamo nei pressi della sommità un bel bosco di faggio che precipita poi nella valle del Rio Malandrai. Tra queste due valli sale nel mezzo un aspro crinale dove abbiamo ben pensato di aprire una nuova via di salita, la Via Silvano.

Dalla località Maleon si prende il sentiero CAI 829 che porta alla base del crinale. Appena l’ approccio sembra possibile, si monta sullo stesso e si inizia a risalire su pendenza non troppo sostenuta. A quota 1000 circa il crinale oppone un primo salto che si supera mantenendo la direttiva con passaggi di II grado su alberi e zolle.

Dopo questo passaggio, si torna comodamente su largo crinale con pino nero misto a prati fino ad un risalto di roccia impraticabile. A questo punto si abbandona la direttiva ideale portandosi sulla destra ad imboccare un canalino che, congiungendosi ad un altro, porterà su una selletta tra il cocuzzolo appena aggirato dal quale scendevano i salti impraticabili della cresta, e la continuazione della stessa verso il corpo del monte.

Davanti a noi una valletta di faggi è compresa tra la nostra cresta ed un’ altra prospiciente; si abbandona la nostra e, traversando la valletta si monta sulla cresta prospiciente. Risalita la cresta ci si trova improvvisamente in un pulpito panoramico dove vistosi tagli hanno aperto la visuale tra gli alberi del bosco. Salendo ancora qualche metro si trova una traccia molto marcata che con splendido percorso panoramico aggira i soprastanti risalti entrando nel fitto bosco di faggio innestandosi su un altro sentiero segnato da bolli rossi che in breve porta alla Casera di Monte Rest.

Difficoltà RR, ore 5.30

Dedichiamo l’ ascensione al buon Silvano che è accorso prontamente alla nostra richiesta di aiuto salvandoci da una discesa su strade buie, piene di lupi, orsi, sciacalli, gufi, civette, vipere, zecche, bucce di banane, hippies…

Stalle Polacia


Il sentiero che sale a Casera Salinchieit da Casera Ropa già descritto in questo sito, era troppo bello e ben conservato per essere un sentiero a sé stante. La fitta rete di sentieri  a Nord della Dassa che si riscontra nelle mappe poi non può che lasciar presagire un collegamento certo tra la bella borgata di Chievolis, cittadina della Val Silisia posta allo sbocco con la Val Tramontina, e la Casera Salinchieit, complice il sentiero sopra menzionato, quasi un’autostrada tra i boschi di faggio a Nord del Rodolino.

Parto quindi prima dell’alba da Tamarat lungo il sentiero di servizio all’elettrodotto in compagnia di un amico che ha un po’ di pratica di questo tipo di attività: Claudio. Con noi Giorgetto, anche lui esperto di ricerca sentieri, anche se alle volte soffre di preoccupanti vuoti di memoria …

Chievolis.

Il sentiero, ben tenuto e anche bollato, segue l’elettrodotto fin poco prima dell’ultimo traliccio dove si alza per passare un rio con franamenti e si mantiene in quota fino alle Stalle Polacia, proprietà di Adriana.

Stalle Polacia.

Dopo aver passato un paio di rii (occhio ai dinosauri) si arriva alle Stalle Foos (proprietà di Maria Grazia) oltre le


quali ci si abbassa a traversare un corso d’acqua dopo il quale un ultimo rudere si affaccia sulla Busa Granda.

Di fronte a noi si percepisce la depressione della Busa Granda. Sopra le pareti passa il sentiero tra Casera Ropa (sul pianoro che si intuisce a destra) e Casera Salinchieit (dietro la forcella che si intuisce a sinistra).

Stalle Foos.

Oltrepassata anche questa sempre in lieve discesa,si passa un altro rio costituito da ciottoli grossolani oltre il quale la mole della diga di Selva appare sempre più imponente e minacciosa.

Superato il Silisia su un ponticello, il sentiero riprende sull’altra sponda in salita e risale il bosco fino ad una selletta dove vi è il tratto più difficile e pericoloso dell’escursione: giungere a Selva attraversando i prati di Moranda senza essere impallinati!

In evidenza Pizzo Lovet e Col di Luna. Si vede gran parte del Sentiero Andreuzzi.

Giunti a questo punto del racconto direte: ma come, non dovevano arrivare in Salinchieit dall’altra parte della valle 800 metri più in alto?!? Certo, ma questo racconto parla delle Stalle Polacia, attraversata adatta a tutti, remunerativa e divertente per gli amanti del genere. Come dite? Se ci siamo arrivati in Salinchieit? Voi cosa ne pensate?

Sentiero Antonio Andreuzzi

Dopo lo scioglimento della Banda di Navarons, Antonio Andreuzzi passò 19 giorni nella Claupa in attesa del momento per poter fuggire e rifugiarsi in Italia. Valutato quindi il momento opportuno, partì il 26 novembre per intraprendere una rocambolesca fuga che lo portò ad oltrepassare il confine ed oltrepassare il confine del Po travestito da prete.

Il Buttignan emerge dalle nebbie.

Non ci sono notizie precise del tracciato che seguì l’Andreuzzi per scendere dalle Rupi di Dodismala ed è probabile che, viste le condizioni di neve presenti all’epoca, abbia cercato di scendere a valle il prima possibile, tuttavia vogliamo intitolare la traversata ad un percorso che si mantiene sulla cresta spartiacque tra Canal di Meduna e Val Inglagna, ideale da percorrere nel periodo invernale, di eccezionale bellezza per i panorami che offre.

Al centro parte della cresta che viene percorsa dall’itinerario. A destra il Pizzo Lòvet, massima elevazione che da esso viene raggiunta.

Il percorso filologico parte dalla Claupa di Andreuzzi e verso Est oltrepassa la selletta e si abbassa per un canalino boscato nel Rug da la Fusita traversando in quota per una traccia con segnavia CAI che porta alla Forcella Dodismala; volendo fare un’escursione in giornata si può partire invece da Inglagna risalendo il sentiero CAI 393a a raggiungere la forcella in ore 2.00.

Dalla Forcella Dodismala panorama verso il Canal di Meduna.

Dalla forcella si va verso Est lungo la cresta che sale sulla sommità del Monte Mosean; si scende lungo la continuazione della cresta (passaggio “scabroso” su erba) fino a raggiungere la depressione di forcella Cervelleces ed innestandosi lungo la via normale al Pizzo Lòvet.

Giunti sulla sommità, anche qui si continua lungo la comoda cresta abbassandosi ad una successiva depressione tra il Pizzo Lòvet e Cuel da la Luna (salibile da qui lungo lo spigolo Ovest).

Panorama dal Pizzo Lòvet verso il Col di Luna

…e verso le Caserine e Cima Leadicia.

Dalla depressione ci si abbassa qualche metro a cercare l’antico sentiero che passando sotto le pareti del Cuel da la Luna porta alle case superiori di Coleiba (tagli e specchiature).

Giunti a Coleiba, si scende a Posplata mediante il sentiero CAI 396 e poi per strada rientro a Inglagna.

Ore 6.45, difficoltà ER

Sentiero Fradeloni

Dal Ricovero Casera Chiampis si sale in circa ore 1.00 in Forchia del Mùgnol dalla quale si segue verso Ovest il sentiero segnavia 378. Aggirata la testata del Rio Secco, si raggiungono i ruderi della Casera Naiarduzza (qui si può arrivare direttamente dalla Forchia di Monte Rest senza passare per la Forchia del Mùgnol e toccando invece la Casera Venchiaréit 1392 metri).

Forca dal Mugnol.

Casera Naiarduzza.

Casera Venchiareit.

 

Si segue verso Nord-Ovest traversando circa 50 metri sotto il Foos di Naiarda 1742 metri (I.G.M.:Forcella di Naiarda) e quindi si sale con breve ripida rampa per prato e ghiaia alla Forcella delle Palote (Tabacco 1:25000 F. 02: Forcella di Naiarda).

Da Forcella delle Palote verso la Val Tagliamento.

Si continua attraversando il catino a Nord del Cimòn d’Agar e passando sopra la conca ed i ruderi della Casera Agar; si sale quindi per facili roccette (I grado fino a quota 1886 sulla panoramica cresta spartiacque che si segue per qualche centinaio di metri verso Ovest. Per buon sentiero su prato si scende ora fino alla Casera Chiampiuz, recentemente restaurata; fin qui ore 4.00-4.30.

Si sale ora verso Ovest ed in breve si raggiunge la forcelletta quotata 1736 (“Tabacco” 1:25000 F.02: Forcella Ciampinz) dalla quale, verso Nord, ha inizio la dorsale che culmina con la Punta del Mezzodì 1923 metri. Si lascia a destra un sentiero e si segue il segnavia 394 verso sinistra per un sentiero che si riporta sulla cresta spartiacque, quota 1760, aggirando a Sud l’ampio impluvio chiamato Certelòna.

Forca da la Crous (Forcella Ciampinz).

Il Chiarescons. Sotto di esso, l’ambiente su cui si estende il Sentiero Fradeloni.

Da quota 1760 si scende e si oltrepassa la prima dorsale che divide la valle percorsa dal Rio di Peschis da quella percorsa dal Rio della Valle e poi si attraversa il Cadìn, compreso tra le Céngle Fornèzze a Sud-Ovest e le Lastre di Péschis ad Est (all’inizio, una breve cengia esposta richiede molta attenzione); si raggiunge così, a quota 1569, il sentiero che risale il Rio della Valle. Per questo sentiero si sale fino alla sella 1820 m fra il monte Chiarescòns 2168 m ad Ovest ed il Col della Valle 1901 m ad Est; fin qui ore 7-8.

Verso il Cadin sotto il Chiarescons.

Le Fornezze.

Per roccette e verdi si sale aggirando a Nord la vetta del Monte Chiarescòns; si raggiunge così una forcelletta (quota 2050 circa) dalla quale si scende ancora per facili rocce incontrando in breve l’itinerario che sale alla base delle rocce per raggiungere la vicina Forcella Libertàn.

Per questo itinerario si scende per verdi e ghiaie e quindi per un canale fra i mughi fino a raggiungere la radura di quota 1540 con cespugli e radi larici dove si incontra il sentiero segnavia CAI 364. Per questo sentiero si scende nella Val delle Camòscie fino al Rifugio Pussa.

Stalle Lorenzini (o Giaveada, 905 m)

Come le altre valli limitofe, il Canal di cuna si è dimostrato un tempo luogo fiorente e popoloso, incredibile agli occhi di chi vi accosta al giorno d’oggi attirato probabilmente dalla curiosità di visitare la Chiesa di San Vincenzo, simbolo al contempo dell’ antica civiltà silvo-pastorale, nonché del desiderio di incontro tra le comunità confinanti che ogni anno si ritrovano puntualmente il Primo Maggio per celebrare la Santa Messa e ricordare l’ antica vitalità della valle.

Di origine Fluviale, la Valle si sviluppa principalmente in direzione Ovest-Est solcata dal Torrente Comugna, il quale defluisce verso Sud incassandosi tra alte pareti; nello stesso punto, da Nord arriva il Rio Giaveada proveniente dal bacino idrografico delle omonime stalle Lorenzini, le quali mi hanno sempre attirato per la loro posizione appartata, per il fatto che qualsiasi approccio alle stesse richieda di arrivarvi dall’alto, nonché per l’idea di poterle raggiungere risalendo il corso d’acqua.

Ecco quindi che dopo una serie di esplorazioni decido di risalire il corso d’acqua lungo l’antica mulattiera che, da notizie reperibili in rete, sembra essere franata proprio nel tratto iniziale da Piedigiaf a Chiaschiarmas; l’impresa non sarà facile, perciò sono costretto a chiedere aiuto agli unici che se ne intendono di queste cose: i Greppisti!

Piedigiaf.

Chiaschiarmas.

 

Stalle Giaveada.

Stalle Lorenzini.

Forcella Zudibigna.

Case Val Permedia.

Ore 7.30, difficoltà Escursionistica.

Per Saperne di più sulla storia del Canal di Cuna, clicca qui.

Diagonale Ortodromica di Meduna

I desolati e misteriosi Canali di Meduna sono come uno scrigno chiuso, contenente segreti che offrono all’ escursionista amante dell’ esplorazione emozioni sempre nuove.

Abbiamo potuto assaporare il gusto di un trekking di due giorni isolati da tutto e da tutti, fieri di sfruttare passaggi la cui esistenza è conosciuta da pochi viventi, attraversando paesaggi grandiosi e incontaminati.

Dosaip e la Costa di Pu. In basso la Cengla dal Giracul.

L’ ispirazione di questo viaggio è stata data da un fatto accaduto negli anni ‘20 del secolo scorso, ovvero l’ avventura di Egidio Feruglio e Lodovico di Caporiacco, due ricercatori che in un tour di esplorazione a scopo scientifico nelle Prealpi Carniche, furono costretti ad un bivacco improvvisato causa smarrimento del sentiero proprio quando arrivarono in Val Meduna. Per sapere meglio i particolari clicca qui.

Il nostro viaggio inizia da Casera Podestine, dalla quale si sale facilmente alla Casera Caserata nei pressi dell’ omonima forcella. Dalla Forcella si prosegue in quota a raggiungere la Forcella Palasimon dalla quale si cala lungamente a raggiungere il Clapòn dal Vuàr, leggendario ricovero delle greggi ormai in abbandono.

Dal Clapòn dal Vuàr si incomincia a risalire l’ omonimo canale sul fondo dello stesso. Oltrepassato l’ attacco della Via Bepino, si giunge al Clapòn di Leandrina, ultimo riparo utile fino a Casera Charpin.

Ci si incanala quindi tra il boscato costone che sale in Pierasfezza a destra, e le severe e strapiombanti pareti della Cima Ettore a sinistra. Oltrepassata una particolare conformazione rocciosa alla quale gli scienziati di Sentieri Natura non sanno dare spiegazione, si monta finalmente sul costone di destra dove il bosco ha lasciato il posto ai ripidi prati. Risalito il costone, non resta che volgere a destra, traversando i prati in direzione della ben visibile Forcella Pierasfezza (bellissima visuale dirimpetto al Cenglòn).

Tralasciata la salita alla soprastante Cima Leadicia, il percorso prosegue scendendo in versante Canal Grande di Meduna per i prati fino ad entrare nel bosco a destra. Qui, per tracce che vanno e vengono e qualche sparuto ortopedico ometto si raggiunge dapprima i ruderi di Casera Ropa, e poi il fondovalle collegandosi all’ ex sentiero 393 che in breve porta al Clapòn del Lìmet e poi in Casera Charpin.

Fin qui ore 9.00 su difficoltà mai superiori a EE.

Per il secondo giorno si è proseguito per un leggendario percorso di cui si erano perse le tracce: la Fous de Nearda.

Dal Clapòn dal Lìmet si risale il costone che diventa poi esile cresta boscata a picco sulla Fous de Nearda. Lungo la cresta si capisce il perché del toponimo “Fous” (fossa) e dei detti popolari riguardanti la ripidità del luogo (per saperne di più clicca qui)

In breve la cresta si congiunge con il corpo del soprastante Cimon d’ Agar intercettando una cengia che contorna il monte permettendo di entrare nel canalone sopra il vertiginoso salto della cascata.

Da qui si risale a lungo il divertente canalone fino ad arrivare un centinaio di metri sotto alla Forca de Nearda; per giungervi si deve affrontare un ripidissimo prato che spreme le ultime forze fisiche e psichiche.

Canal Grande di Meduna.

Giunti in forca, gli escursionisti tornano a decidere della propria vita in un contesto quasi scioccante: non solo per il passaggio dalla verticalità della Fous agli orizzontali prati della Carnia, ma anche l’ isolamento viene spazzato via da strade, piste da Motoquad, macchine parcheggiate ovunque, tende, gente che canta e balla scalza per i sentieri, Carabinieri, santoni…

Foto di DolomitiDxTagliamento, Gongo Madinelli, Antonio Armellini.