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Bivacco Giancarlo Milan al Cason di Brica (1745 m)

Il Bivacco Giancarlo Milan si trova in Val di Brica, nel cuore del Parco Dolomiti Friulane, ed è un piccolo ricovero in legno gestito dalla sezione CAI di Rovigo. Presenta quattro posti letto, un tavolo con panche, una stufa, e l’acqua è reperibile presso un torrentello che scorre a poca distanza.

Essendo stato recuperato dopo la stesura della guida di Sergio Fradeloni, riportiamo ugualmente la relazione così com’era senza apportare correzioni.

Dal Rifugio Pordenone si scende sul Pian Meluzzo raggiungendo direttamente la Casera Meluzzo, recentemente ricostruita. Per carrareccia chiusa al traffico non autorizzato, si risale la pianeggiante valle alluvionale fino all’incrocio con la val Postegae. Si lascia a destra l’itinerario per Forcella e Passo Pramaggiore – Val Inferno e si prosegue a sinistra prima per carrareccia e poi seguendo il segnavia CAI 361 sul greto. Più in alto si ritrova il sentiero che giunge allo sbocco della Val di Brica nella Val Meluzzo; fin qui ore 1.10. Si oltrepassa il greto e si segue il sentiero 379 sulla destra idrografica della Val di Brica; a quota 1730 (acqua) si lascia a destra il sentiero che in pochi minuti porta al Cason di Brica che, probabilmente, verrà ristrutturato.

Dal bivacco l’itinerario classico è l’anello che raggiunge Camporosso e Casera Valmenon.

Il sentiero esce quindi dal bosco, piega a sinistra passando sotto al caratteristico torrione isolato in mezzo alla valle (Mus di Brica) e, salendo per magri pascoli e macereti, va ad incontrare il sentiero con segnavia CAI 369 proveniente dalla Casera Valmenon oltre la Forcella Fantulina (IGM: Forcella di Val di Brica); Fin qui ore 2.45. Si segue questo sentiero segnavia 369 verso sinistra attraversando la testata della Val di Brica raggiungendo in leggera salita la Forcella Val di Brica (o Fantulina) caratterizzata da uno strano torroncino (la Fantulina).

Si scende nel pascolo di Camporosso lasciando a destra il segnavia CAI 367 diretto al Passo del Lavinal; dopo essere passati presso il Casone di Camporosso 1945 metri (piccolo ricovero) ci si addentra nel pascolo e quindi si prosegue seguendo il segnavia 369 fino alla Casera Valmenon.

 

 

 

Casera Valmenon (1778 m)

Si trova nell’alta Valmenon, all’inizio dei vasti pascoli del Camporosso.

Non più utilizzata per la monticazione, è stata sistemata e può dare un buon ricovero; l’acqua si trova poco sopra la casera, presso il bivio del sentiero che sale nel Camporosso con quello diretto a sinistra alla Forcella Urtisiel ed al Rifugio Giaf.

Dal Rifugio Pordenone si scende sul Pian Meluzzo raggiungendo direttamente la Casera Meluzzo, recentemente ricostruita. Per carrareccia chiusa al traffico non autorizzato, si risale la pianeggiante valle alluvionale fino all’incrocio con la val Postegae. Si lascia a destra l’itinerario per Forcella e Passo Pramaggiore – Val Inferno e si prosegue a sinistra prima per carrareccia e poi seguendo il segnavia CAI 361 sul greto. Più in alto si ritrova il sentiero che, superato l’incrocio con la Val di Brica risalita da QUESTO ITINERARIO, porta sul prato dove sono ancora evidenti i ruderi della Caseruta o Cason dei Pecoli 1363 metri; fin qui ore 1.15.

Si prosegue salendo, dapprima ripidamente, sulla sinistra della Valmenon; poi, a quota 1500, il sentiero oltrepassa il greto e, attraverso boschi ed ampie radure, sale a destra raggiungendo il pascolo e la bella casera.

Ore 2.45, difficoltà Turistica.

Bivacco fisso Antonio Marchi-Renzo Granzotto (2170 m)

Sorge su di un ripiano dello sperone che divide la parte alta della Val Monfalcon di Forni, a breve distanza della Forcella del Leone, dalla Forcella Monfalcon di Forni, dalla Forcella da las Busas e dalla Forcella del Cason. Costruito nel 1962 dalla Sezione C.A.I. di Pordenone e distrutto nel 1988 da una slavina, è stato ricostruito nel 1989 alcune decine di metri più ad Est in posizione più sicura. Affiliato alla Fondazione Antonio Berti, è dotato di 12 posti letto, è sempre aperto e l’acqua si trova a pochi minuti, alla base del ghiaione che scende da Cima Barbe. È dedicato alla memoria di due eminenti alpinisti pordenonesi.

Dal Rifugio Pordenone si prende il sentiero che, con lunga traversata, si porta poco sopra lo sbocco della Val Monfalcon di Cimoliana nella Val Meluzzo (un altro sentiero inizia partendo da poco oltre la Casera Meluzzo). Si sale per evidente sentiero su ghiaie rimontando la lunga valle che si interna fra la dorsale Monfalcon di Montanaia – Croda Cimoliana – Cima Meluzzo a sinistra e Cresta del Leone – Cima Stalla a destra.

A circa 1800 metri si incontra il (dismesso) sentiero segnavia CAI 360 proveniente da sinistra dal Bivacco Perugini oltre la Forcella Cimoliana; si prosegue la salita prima per dossi erbosi e poi ancora per ghiaie alla base delle rocce della Cresta del Leone fino a raggiungere la stretta Forcella del Leone, fra il Monfalcon di Cimoliana a sinistra e la cresta del Leone a destra; fin qui ore 3.30.

Dalla forcella si scende per sentiero nel breve canalone ghiaioso che sbuca nel catino superiore della Val Monfalcon di Forni, attraversa il bordo del catino terminale e si raggiunge il vicino bivacco situato in posizione panoramica sullo sperone che divide la parte alta della Val Monfalcon di forni.

Ore 3.45, difficoltà E.

Pubblichiamo qui di seguito un altro itinerario di accesso dal Rifugio Pordenone, ottimo da abbinare al precedente per un bellissimo anello attorno al Ramo del Leone.

Dal Rifugio Pordenone si scende sul Pian Meluzzo raggiungendo direttamente la Casera Meluzzo, recentemente ricostruita. Per carrareccia, chiusa al traffico non autorizzato, si risale la pianeggiante valle alluvionale fino all’incrocio con la Val Postegae. Si lascia a destra l’itinerario per la Val Postegae e si prosegue a sinistra prima per carrareccia e poi seguendo il segnavia CAI 361 sul greto. Più in alto si ritrova il sentiero che, superato l’incrocio con la Val di Brica, porta sul prato dove sono ancora evidenti i ruderi della Caseruta o Cason dei Pecoli (1363 metri; fin qui ore 1.15)

Si lascia a destra il segnavia CAI 361 che risale la Valmenon e si inizia a salire ripidamente la soglia baranciosa della Val Monfalcon di Forni (segnavia CAI 359). Il sentiero si inerpica sulla destra della valle e quindi, uscito dai pini mughi, attraversa su prato ed in quota una caratteristica spianata glaciale (attenzione al  segnavia, specie in discesa). Per sentiero, si risalgono alcuni dossi fino a raggiungere un’altra zona pianeggiante alla base dello sperone roccioso che divide in due la parte alta della valle. Si sale al centro del vallone di sinistra (seguire il segnavia; solo tracce) e si raggiunge il bivacco situato su un ripiano dello sperone che divide la parte alta della valle.

Ore 3.45, difficoltà E.

Bivacco fisso Giuliano Perugini (2060 m)

E’ situato sullo spallone erboso a Nord del Campanile di Val montanaia ed è dedicato alla memoria di una guida triestina caduta sul Jof Fuart. E’ di proprietà delle due sezioni C.A.I. di Trieste, Società Alpina delle Giulie e XXX Ottobre; è affiliato alla Fondazione Antonio Berti ed è dotato di 9 posti letto. L’acqua si trova lungo il sentiero d’accesso dal Rifugio Pordenone a circa un’ora dal bivacco e, non sempre, un centinaio di metri a monte dello stesso.

Dal rifugio, salito un breve e ripido tratto in bosco, e raggiunto con un lungo traverso il fondo della Val Montanaia , si sale per un buon sentiero sulla destra della valle.

Dopo circa un’ora di salita si inizia a vedere il Campanile, dalla forma unica, che dominerà tutto il restante percorso.

Dopo aver superato un ripido tratto fra i mughi (ultima acqua sicura), si risale un aperto pendio ghiaioso ed erboso e, passando poco sotto la parete Est del Campanile, si raggiunge il dosso erboso dove sorge il bivacco.

Ore 2.30, difficoltà E.

Cima Cadin degli Elmi (2424 m)

Cima Cadin degli Elmi vista dal Sentiero Marini.

Cima Cadin degli Elmi vista dal Sentiero Marini.

Soprastante il Bivacco Gervasutti dal quale si accede, Cima Cadin degli Elmi è una superba cima tra i Monfalconi che impone una salita non banale, ma abbordabile dagli escursionisti che hanno pratica ed amano metter mani sulla roccia.

Cadin degli ElmiCadin degli Elmi

Dal bivacco ci si incammina nel catino dietro di esso a risalire le ghiaie che scendono dalla Cresta di Santa Maria mantenendosi alla destra di un evidente spuntone roccioso cui fa capo l’ omonima forcella.

Cadin degli Elmi

Giunti in forcella e rivolto un attimo uno sguardo verso la lontana Casera Vedorcia ed il territorio circostante, ci si volge a destra dove un canalino ghiaioso risale la cresta in corpo alla nostra cima.

Cadin degli Elmi

Cadin degli Elmi

Guadagnata la sommità della crestina iniziano i prati e la traccia punta ad un torrione che costituisce l’ antecima Sud della vetta.

Cadin degli Elmi

Cadin degli Elmi

Giunti quasi al bordo dei prati interrotti dai precipizi che sprofondano in Val di San Lorenzo, si traversa a sinistra passando alcuni canali ed entrando sotto alle pareti occidentali della Cima Cadin degli Elmi; seguendo i numerosi bolli e ometti che indicano un cambio di direzione, si traversa la base delle pareti per entrare in un canalino che si risale con divertenti passaggi di I grado dal quale si esce a pochi metri dalla panoramicissima vetta.

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Cadin degli Elmi

Cadin degli Elmi

Cadin degli Elmi

Cadin degli Elmi

Cadin degli Elmi

Ore 1.10 dal bivacco, difficoltà A.

Cadin degli Elmi

Cima delle Ciazze Alte (2286)

Severa cima avamposto a Sud del gruppo della Cima dei Preti, le Ciazze Alte sono mèta ambita nei sogni di molti escursionisti. Purtroppo, la lunghezza dell’ itinerario e la difficoltà di alcuni tratti rendono l’ ascensione selettiva.

Dal ponte Scandoler l’ attacco è ripido e difficile da trovare, il successivo tratto attraversato da diverse tracce che portano in tutte le direzioni; una volta trovata la traccia giusta, il più dell’ escursione è fatta…

Salendo il vecchio pascolo parzialmente invaso dalla vegetazione ci si imbatte nei ruderi della Malga Tarsia; poco più in alto ci si immette nel greto dello Sciol de Tarsia che si risale arrivando poco oltre una cascata sulla sinistra.

Facendo molta attenzione si scorge in destra orografica un timido bollo che invita a risalire un franamento. Girato l’angolo si risale una cengetta che tenendosi alta su un canalino porta a montare sul costone.

Risalito il costone si giunge al canale della precedente cascata sopra della stessa. Da qui si risale il divertente canalino evitando i risalti più difficili.

Si giunge quindi nella parte alta dell’ impluvio dove si deve risalire una placca che si può prendere di petto oppure affrontare di lato aiutandosi con i mughi; giunti alla sommità si esce a destra poco sotto l’ ultimo lembo di roccia, oppure poco più in alto al culmine della placca se vi è troppa acqua che rende viscido il precedente passaggio.

Andando a destra si oltrepassano alcuni mughi  a risalire il canale principale che permette di entrare nello splendido Cadin delle Ciazze Alte.

Da qui si continua la salita sulle grossolane ghiaie puntando ad un roccione con la parrucca; da questo, verso sinistra, una sobria bollinatura porta a montare un costoncino detritico che via via diventa sempre più panoramico fino a giungere alla forcella di cresta dove finalmente si vede la nostra meta.

Alcune guide riportano che questa di per sé è già una meta appagante, ma noi decidiamo di proseguire fino in vetta. Si parte con cinque metri di lama seghettata in discesa e subito dopo tre placchette; si continua poi con qualche metro di affilatissima cresta sui sottostanti baratri, un traverso mugoso e vari passaggi tra placche, canalini e rocce rotte arrivando finalmente in cima.

Grandioso panorama sulla Val Compol, Duranno , infilata su Cima Preti, Gruppo del Pramaggiore e Monfalconi.

Per il rientro si può tornare a valle lungo la stessa via, oppure proseguire lungo la cresta a guadagnare l’ Antecima dei Cantoni e la Forcella Compol dove passa l’ Alta Via dei Silenzi da Casera Laghet de Sora al Bivacco Greselin. Per questo itinerario bisogna conoscere BENE la strada.

Ore 6.00 alla cima, difficoltà A nella parte finale, EE per il resto della salita.

Bivacco Fisso Giusto Gervasutti (1940 m)

Bivacco Gervasutti

Di proprietà della Sezione Cai XXX Ottobre di Trieste, è dedicato ad un fortissimo alpinista friulano. Sorge in una piccola conca erbosa a Sud della Cima Cadin degli Elmi, a breve distanza della Forcella Spe. Affiliato alla Fondazione Antonio Berti, è dotato di nove posti letto ed è sempre aperto.

Bivacco Gervasutti

Per accedere al bivacco si può salire da fondovalle per il lungo e faticoso sentiero CAI 356, oppure optare per il Sentiero Marini, lungo ma pregevole per la bellezza dei panorami e dell’ ambiente attraversato. Tale sentiero, fa parte dell’ Alta Via numero 6 delle Dolomiti, denominata Alta via dei Silenzi.

Bivacco Gervasutti

Lungo il Sentiero Marini.

Dal bivacco invece, oltre alla già citata Cima Cadin degli Elmi, si può proseguire per l’ Alta Via dei Silenzi compiendo una bellissima traversata al Ricovero Casera Laghet de Sora.

Dalla Costa della Piura si vede gran parte dell' itinerario per Casera Laghet de Sora.

Dalla Costa della Piura si vede gran parte dell’ itinerario per Casera Laghet de Sora.

Dal bivacco seguendo il segnavia CAI si salgono i prati ad Ovest guadagnando il crinale della Costa della Piura. Ignorando il vecchio sentiero che scende franato in più punti, si sale verso destra ancora qualche metro di cresta per poi attraversare in quota sull’ esile sentiero detritico che in circa quindici minuti porta alla Forcella Spe dalla quale ci si abbassa di circa 80 metri presso una fonte (unica possibilità di acqua per il bivacco Gervasutti) in corrispondenza del bivio con il sentiero CAI 356.

Bivacco Gervasutti

Bivacco Gervasutti

Bivacco Gervasutti

Si lascia a sinistra il sentiero segnavia 356 che scende ripido in Val di Santa Maria e si prosegue in leggera discesa per sentiero fra i mughi fino in fondo alla Val Misera.

Bivacco Gervasutti

Bivacco Gervasutti

Bivacco Gervasutti

Senza proseguire per l’ evidente sentiero che attraversa in leggera discesa la valle, si segue il segnavia che sale diagonalmente fino a raggiungere una selletta sulla cresta che divide la Val Misera dalla Val di Lares.

Bivacco Gervasutti

Bivacco Gervasutti

Bivacco Gervasutti

Si scende ora per circa 100 metri in un canalone e quindi si attraversa in quota l’ ampia Val di Lares; con un’ altra salita diagonale per buon sentiero si raggiunge la panoramica Forcella di Col Andon (Forcella di Pedescagno), in vista della Cima dei Preti e del ricovero.

Bivacco Gervasutti

Bivacco Gervasutti

Bivacco Gervasutti

Bivacco Gervasutti

Bivacco Gervasutti

Bivacco Gervasutti

Per buon sentiero alla base delle rocce della cresta che sale alla Cima Sella si raggiunge in quota la Val dei Frassin dove si incontra il segnavia CAI 390 e dove, pochi metri a valle del bivio, sorge il bel ricovero.

Bivacco Gervasutti

Ore 2.30; difficoltà EE.

Bivacco Gervasutti

Bivacco Gervasutti

Bivacco Gervasutti

Monte Lodina (2020 m)

Monte Lodina

Come uno sperone sulla Val Cimoliana appare elegante e slanciato giungendo dalla Val Cellina, il Monte Lodina si conquista senza troppe difficoltà dall’ omonima casera rimontando i prati ad Est della cima.

Monte Lodina

Altra possibilità è sempre dalla stessa casera portandosi in forcella Lodina (ore 1.00) e poi per sentiero di bestie non segnalato che contorna a Nord prima la pelosa antecima e a seguire i prati sospesi sui baratri soprastanti il Passo di Sant’ Osvaldo.

Monte Lodina

Ore 1.00 dalla forcella, approccio consigliabile nell’ eventualità di provenire dalla Galvana.

Dalla vetta del monte Lodina i prati da La Garofola e di Casera Badiot. Dietro Monte Borgà e La Palazza.

Dalla vetta del monte Lodina i prati da La Garofola e di Casera Badiot. Dietro Monte Borgà e La Palazza.

In pochi minuti si può raggiungere per cresta la cima Sud.

Le caratteristiche stratificazioni sulla vetta Sud del Monte Lodina.

Le caratteristiche stratificazioni sulla vetta Sud del Monte Lodina.

Panorama verso monte Toc e lago di Vajont.

Panorama verso monte Toc e lago di Vajont.

Preti-Duranno.

Preti-Duranno.

Casera Lodina (1567 m)

Casera Lodina

Tra i bei prati ad Est dell’ omonimo monte sorge la Casera Lodina, tipica struttura un tempo dedita alla monticazione, abbandonata e poi ripristinata dall’ Ente Parco Dolomiti Friulane. Fornita di caminetto, tavolo con panche ed una credenza, ha anche un ripostiglio attrezzi sopra al quale si trova il locale dove dormire su tavolato fino ad otto posti.

Casera Lodina

Per raggiungere la casera tutti accedono per il comodo sentiero CAI 374 che dalla Val Compol aggira Le Lastre per poi traversare e giungere sotto la casera. Ore 2.30, difficoltà E.

Casera Lodina

Descriviamo per gli amanti dei percorsi alternativi il sentiero Valentino Lucchini che risale i dirupi del pendio denominato Coste.

Casera Lodina

L’ attacco del sentiero si trova lungo la strada della Val Cimoliana poco fuori dell’ abitato di Cimolais prima del Camping Bresin. Un cartello, nonché l’ iscrizione sulla roccia dedicata indicano il sentiero rispettivamente EE ed Alpinistico. Alla faccia di Paolo Beltrame che lo valuta Escursionistico!

Casera Lodina

Dall’ imbocco ci si muove pressoché in piano per circa cinquecento metri in direzione Nord. Appena oltrepassato un rio il sentiero inizia a montare con stretti tornanti la costa limitata da un lato dal rio appena passato e dall’ altro il precipite fianco boscato della stessa.

Casera Lodina

Dopo un po’ ci si avvicina alle pareti della costa prospiciente fino ad incontrare un breve passaggio su roccia lievemente esposto che permette di accedere sul poggio superiore. La salita continua sempre ripidamente a risalire il poggio a tornanti andando a lambire più volte le pareti che ci accompagnano dall’ altra parte del canale formato tra i due. Improvvisamente il sentiero svolta verso Sud per bel bosco raggiungendo una costa che racchiude una valletta sormontata dalla vistosa fascia rocciosa su cui sormontano i prati della nostra casera.

Casera Lodina

Il sentiero torna quindi a volgere verso Nord rimontando la costa che subito diventa spigolo roccioso portando in breve all’ attacco di una cengia che traversa le boscate balze rocciose portando in pochi minuti nel tranquillo ripiano boscato lungo il quale si risale ad intercettare il sentiero CAI 374 nei pressi di un rudere e da lì in quindici minuti alla Casera Lodina.

Casera Lodina

Casera Lodina

Ore 2.20, difficoltà EE; la cengia non è lunga e l’ esposizione attenuata dalla vegetazione, tuttavia la copiosa presenza di fogliame richiede prudenza.

Dalla Casera si può inoltre venire/andare al Rifugio Maniago proseguendo per il sentiero CAI 374 oppure alla Casera Galvana.

Le cime classiche da raggiungere sono il Monte Lodina oppure le Cime Centenere.

Casera Lodina

Monfalcon di Montanaia (2548 m)

Con i suoi 2548 metri di altezza il Monfalcon di Montanaia è la vetta più alta del gruppo; per raggiungerne la cima bisogna affrontare una scalata di circa trecento metri in ambiente puramente dolomitico.

Dal Rifugio Pordenone (occhio a non svegliare i turisti) si risale la Val Monfalcon di Cimoliana mediante il sentiero CAI 349 fino al bivio con il dimesso sentiero CAI 360 dedicato a Piero Taiariol.

Monfalcon di Montanaia

Monfalcon di Montanaia

Forcella Cimoliana dal sentiero 349

Qui si può scegliere tra le 2 alternative: proseguire per Forcella Leone e reperire poco più in alto un sentiero (ometto sulla sinistra) che si alza in direzione Nord per poi piegare a Sud portandosi sotto le pareti; un passaggio tra i mughi (bolli rossi) permette di accedere ad un canalino che risalito porta in breve all’ ingresso del Cjadinut di Cimoliana.

Le crode che scendono da Punta Koegel. sotto di esse passa la traccia che seguita verso sinistra porta all'entrata del ciadinut.

Le crode che scendono da Punta Koegel. sotto di esse passa la traccia che seguita verso sinistra porta all’entrata del Cjadinut.

Diversamente, al sopraccitato bivio si sale lungo il rio con acqua che scende da Nord; prima del salto roccioso si obliqua a destra e seguendo tagli e ometti si giunge in maniera più diretta sotto alle pareti dove si incontra il passaggio tra i mughi.

Il rio da risalire come seconda ipotesi per entrare nel Ciadinut.

Il rio da risalire come seconda ipotesi per entrare nel Cjadinut; da qui si va a destra verso un’ ampia traccia tra i mughi.

Monfalcon di Montanaia

Una volta giunti al Cjadinut lo si risale tra i prati mantenendosi poco più alti delle ghiaie cercando il terreno migliore. Contornando si arriva quindi nella parte alta dove il terreno diventa più ripido portando alla parte finale del Cjadinut dove un’ evidente freccia rossa indica il canale da prendere.

In entrata del Ciadinut.

In entrata del Cjadinut.

Strani segnali ci mettono in guardia dai pericoli...

Strani segnali ci mettono in guardia dai pericoli… (Foto di Andrea92c)

Monfalcon di Montanaia

Inizia qui la parte alpinistica dell’ escursione costituita da canali dal fondo instabile e cenge ricoperte da detriti.

Si comincia subito con un angusto canalino che porta ad una cengia facile ma esposta su un insondabile precipizio. In alternativa si sale a sinistra e si traversa su terreno friabile ma meno vertiginoso.

L' attacco della via.

L’ attacco della via.

Monfalcon di Montanaia

Monfalcon di Montanaia

Dopo questo passaggio vi è un secondo canale ancora più angusto del primo che in uscita oppone alcuni metri di II grado da affrontare in spaccata per guadagnare una panoramica spalla (a destra chiodi con cordino per eventuale doppia).

Monfalcon di Montanaia

Monfalcon di Montanaia

Dalla spalla si cambia direzione per una cengia abbastanza infida ed aerea all’ inizio che poi diviene più larga e meno esposta. Dopo esserci alzati di quota, la cengia insiste nella stessa direzione per poi esaurirsi; si riprende quindi a salire repentinamente per roccette e canalini in direzione di Punta Mantica fino a giungere ad una bella sella tra quest’ ultima e la cima principale. Qui il panorama finalmente si apre sulla valle del Piave e sulle famose vette dolomitiche tra cui spiccano Pelmo e Antelao, Civetta, Tre Cime di Lavaredo ed il vicino Cridola.

Monfalcon di Montanaia

Monfalcon di Montanaia

Monfalcon di Montanaia

Dalla sella si va a sinistra e si sale per la tormentata cresta finale. Dopo pochi passaggi si affronta una breve cengetta e il seguente canalino entrambi esposti ma con roccia buona e ottimi appigli.

Monfalcon di Montanaia

Foto di Andrea92c.

Superate queste difficoltà si è finalmente in vista della piccola croce di vetta dalla quale si gusta un panorama a 360 gradi su tutto il gruppo Spalti di Toro-Monfalconi, Pramaggiore, Caserine, Duranno, Cima Preti, Col Nudo, Dolomiti e Alpi Carniche fino agli Alti Tauri.

Gli spalti di Toro e, piú lontana, la Cima dei Preti.

Gli spalti di Toro e, piú lontana, la Cima dei Preti.

Il Monte Pramaggiore.

Il gruppo del Pramaggiore.

La Val Montanaia vista dall, alto. A sinistra fa capolino il Campanile di Val Montanaia. (Foto di AndreaC92).

La Val Montanaia vista dall, alto. A sinistra fa capolino il Campanile di Val Montanaia. (Foto di Andrea92c).

La Valle del Piave. Al centro l' Antelao.

La Valle del Piave. Al centro l’ Antelao.

Il Cridola ed il Monfalcon di Forni.

Il Cridola ed il Monfalcon di Forni.

Dal Rifugio Pordenone 5 ore; 1.45 dall’ attacco della via; difficoltà E fino a tutto il Cjadinut, la parte finale oppone un’ arrampicata mediamente di I grado con un paio di passaggi di II su terreno friabile ed anche esposto.

Monfalcon di Montanaia

Monfalcon di Montanaia

Monfalcon di Montanaia

Monfalcon di Montanaia

Monfalcon di Montanaia

Monfalcon di Montanaia

Monfalcon di Montanaia