Nel frattempo gli Hobbit avanzavano con tutta la velocità che l’ oscura foresta ingarbugliata concedeva, seguendo il corso d’ acqua che fluiva da Ovest, risalendo le pendici dei monti, sempre più profondamente immerse nel bosco.
[…]Il terreno continuava a salire ripido, e stava diventando sempre più pietroso. La luce, man mano che avanzavano, si faceva più forte, e presto videro che innanzi a loro si ergeva una parete rocciosa: il fianco di un colle o l’ estremità di qualche lungo braccio proteso dalle lontane montagne. Non vi crescevano alberi, ed il sole cadeva in pieno sulla superficie rocciosa. I rami degli alberi ai suoi piedi erano tesi e immobili, come intenti a cogliere il calore. Là dove tutto era parso grigio e squallido, ora il bosco splendeva di colori bruni e caldi e di lisce cortecce grigio-nere simili a lucida pelle. I tronchi brillavano di un verde fresco come erba tenera: intorno agli Hobbit era giunta in anticipo la primavera, o una passeggera visione di essa.
Intagliata nella parete rocciosa vi era qualcosa di simile a una scala: probabilmente naturale, causata dal corrodersi e dal fendersi della pietra, essendo rozza e disuguale. In alto, quasi al livello delle cime degli alberi, un ripiano sovrastato da una rupe a picco. Non vi crescevano altro che un po’ d’ erba e di gramigna sui bordi, e un vecchio ceppo d’ albero con due solitari rami contorti: sembrava quasi l’ immagine di un vecchietto nodoso abbagliato dalla luce del mattino.
[…]Due grossi mani dalle giunture nodose si posarono sulle loro spalle e li costrinsero dolcemente ma irresistibilmente a girarsi; poi, due lunghe braccia li sollevarono. […]Si trovarono faccia a faccia con l’ essere più straordinario che avessero mai visto.
Aveva il fisico di un Uomo, quasi di un Vagabondo, alto però più del doppio, molto robusto, con una lunga testa, e quasi senza collo. […]Ma sulle prime gli Hobbit notarono soltanto gli occhi. Occhi profondi che li osservavano, lenti e solenni, ma molto penetranti. Erano marrone, picchiettati di luci verdi. In seguito Pipino tentò più volte di descrivere la sua prima impressione.
“Sembrava vi fosse dietro le pupille un enorme pozzo, pieno di secoli di ricordi e di lunghe, lente e costanti meditazioni; ma in superficie sfavillava il presente, come sole scintillante sulle foglie esterne di un immenso albero, o sulle creste delle onde di un immenso lago. Non so, ma era come se qualcosa che cresceva nella terra quasi in letargo, o consapevole soltanto della propria presenza tra la punta delle radici e quella delle foglie, tra la profonda terra ed il cielo, si fosse improvvisamente destato e ci stesse considerando con la stessa lenta attenzione che aveva prestato ai propri problemi interiori per anni e anni”.
J.R.R.Tolkien, Le Due Torri
Straordinario! Trasferire il reale nel fantastico. Solo con la febbre si possono fare incubi simili!
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